domenica 18 marzo 2012

Una semplice formalità...

Venerdì si è consumato il delitto: anch'io sono stata vittima della burocrazia italiana! 
Perché tanto si è fatto per snellire, abbreviare, semplificare. 
Ma niente da fare: nessuna legge può evitare il sopruso burocratico. 
Nel week-end mi è tornato in mente anche Asterix: ma ricordavo (erroneamente) che l'eroe se la fosse cavata con la forza bruta. Invece no!

E' incredibile come i geni sappiano dire meglio di noi, comuni mortali, quel che tutti proviamo: il tentativo di partire con gentilezza; l'incomprensione; la progressiva perdita di pazienza scambiata per insolenza; la stanchezza incipiente; la sensazione di essere fuori dal mondo e il relativo disagio...
Ma un'arma c'é: basta premere la sua logica fino in fondo!
Buona visione.

giovedì 15 marzo 2012

La curiosità e il lavoro

Oggi entro in una delle mie seconde, e attendo qualche secondo il silenzio per l'appello. Ma alcuni parlottano, e fatico a ottenerlo subito. "E' successo qualcosa?". Poi aggiungo - altra mia tipica osservazione: "Se è qualcosa che può riguardare il lavoro di tutti, ditemi". E infatti, risponde la ragazza più spigliata: "Prof, ieri hanno fatto vedere un video sui bambini-soldato dell'Uganda. Prima li drogano, poi li obbligano a uccidere i loro parenti; perché c'è un signore della guerra, Kony...".
Allora io annuisco, perché proprio ieri sera ne ho parlato con una amica assistente sociale, in missione in Africa per qualche anno, che mi ha accennato di lui e del "caso" Invisible Children.
"Se anche non li drogassero, non credete che basterebbe certa cattiveria umana a creare dei mostri? Ma forse mi sembra più interessante ridire questo in positivo: voi per caso l'avete saputo da quel giornalista che aveva conosciuto uno di quei bambini, e per questo ha deciso di far girare quel video che...?". Infatti è così.
Poi racconto della mia amica, che  avrei già voluto presentargli per raccontare la sua esperienza laggiù. Loro annuiscono e mi chiedono: "Non possiamo proporre a tutta la scuola di sostenere l'attività di Invisible Children?". Io ne sono entusiasta, però aggiungo: "Allora dobbiamo informarci, capire bene come stanno le cose". E affido l'incarico ai primi due che han tirato fuori l'argomento.
Torno a casa: dal 5 marzo la rete è piena di video ed articoli su Kony ed LRA; molti fortemente critici. Però è un dato: il video sta girando il mondo. L'Italia è come sempre un po' in ritardo, ma il fenomeno è enorme.
Eppure, fra i miei studenti, di questi dubbi non c'era traccia.

martedì 6 marzo 2012

A cosa serve il latino (problema vs esercizio, 1-0)

Se la vita non fosse problema, non avrebbe senso. E viceversa: credo che nella vita ci siano problemi proprio perché noi la percepiamo con una direzione, un senso.

Anche questa settimana perciò vorrei rispondere all'invito di Palmy: la seconda grande competenza che si può educare a scuola è quella di risolvere problemi (affine, del resto, al saper porre domande; affrontare la vita come problema vuol dire in fondo chiedersi: "Come quello che mi sembra incomprensibile, o di ostacolo, può essere un bene per me?").

Su questo avevo provato a dir qualcosa anche in fondo a un mio post di qualche tempo fa.

Ora, due ulteriori spunti didattici:

- uno degli interventi più efficaci degli ultimi "Colloqui Fiorentini" è stato quello del prof. G.Maddalena, che ha impostato la sua lezione su Foscolo come un giallo: perché un autore di successo come lui, a un certo punto, smise di scrivere? Cosa lo ostacolò? (nonostante il contenuto impegnativo, questo taglio ha reso il suo intervento uno dei più stimati da tutti i ragazzi lì presenti...)

- ho riscoperto un gran bell'articolo sul problem solving: paradossalmente, più ancora che i tanti - ripetitivi - esercizi di algebra; più scientifico e stimolante e creativo, a scuola, sarebbe proprio... tradurre latino!
Molti spunti sull'utilità del latino, in forma scanzonata, li aveva già espressi il mio amico Scorfano, qui.

Dario Antiseri però argomenta puntualmente: sempre più, nella scuola d'oggi, si avverte:
l'urgente necessità di una didattica che - affinché non si continui a dare risposte a domande non poste - punti sui problemi più che sugli esercizi.

giovedì 1 marzo 2012

elogio del domandare

Rispondendo all'invito della mia amica blogger Palmy, provo anche io a fissare alcune riflessioni di buone pratiche didattiche; in particolare sulla cruciale domanda riproposta da lei questo lunedì: in un mondo sempre più caotico e imprevedibile, quale ruolo può assumere una scuola che non rinunci a se stessa? Quali competenze sviluppare? 

La prima abilità propugnata da Palmy è saper porre domande.
E' un tema, questo, che mi trova in assoluta consonanza con lei: come a suo tempo è stato insegnato anche a me, l'alunno veramente intelligente è chi sa porre domande.
Per questo cerco sempre di porne molte a mia volta; sperando, naturalmente, che non siano fuori luogo...
(Ma, tra parentesi: non credo che esistano davvero domande inutili: ne possono esistere di indiscrete, intempestive, ironiche, generiche... Eppure tutte dicono di un'attitudine preziosa, perché dimostrano che chi le pone "accetta" di entrare in relazione con altri; cioè accetta di lasciarsi arricchire, correggere, o indirizzare verso altri lidi. O - comunque - si espone ad esserlo...).

Palmy si è addentrata nelle "tecniche" per affinare la nostra attitudine alla domanda. Per affiancare le sue considerazioni, ho pensato di provare a esplicitare anche quale ne siano i presupposti, e alcuni interessanti risvolti.